20091024

Nessun rimpianto

Quella notte mi sembrava di vivere il libro che avevo appena finito di leggere – Misery di Stephen King –, vedevo Paul in me, alle prese con quel «buco nel foglio» nel quale guardavo dentro, vi entravo immerso nella mia fantasia
così fervida! — ma de che? stavo romanzando l'inizio di una pessima giornata lavorativa..
scrivevo, e scrivevo, e scrivevo.
Quasi non volevo fermarmi, ma dovevo: l'indomani sarei dovuto andare a lavoro. Mi misi a letto fantasticando sui riscontri che avrebbero suscitato quello scritto. Mi sentivo un leone: già m'immaginavo con gli allori alle orecchie e una bottiglia di porto in mano. Lo stile era OK, il lessico ricercato, critico e, a tratti, divertente a modo mio.
Il giorno dopo arrivai in ufficio ancora ebbro dalla notte precedente. Durante il tempo libero mi rileggevo, ma era chiaro che non sarei riuscito ad aggiungere altro, con quel baccano. Però lo facevo lo stesso, mi piace rileggermi: lo faccio spessissime volte. Aveva proprio ragione Paul, quando diceva che scrivere è un atto autoerotico. E leggere lo è altrettanto.
Alla sera ho aggiunto alcune altre perle, ancora più divertenti ed incazzate e qualcuna da secchione snob, una vera libidine.
Dopo un po', mi sono sono concesso una pausa e, come al solito, mi sono chiuso al cesso per fumare una sigaretta. Sull'impalcatura di fronte alla finestra, c'era una cimice ribaltata e morente, che muoveva le zampe come un gattino fa sulle mammelle della mamma. Ebbro della mia pienezza, contento insomma, la rigiro sulle zampe. Questa inizia a muovere le antenne quasi in segno di gratitudine. In realtà non ero certo fosse davvero gratitudine, quella, perché si muoveva un po' faticosamente..
Ad ogni modo, dopo quest'ultimo episodio, l'autostima in me era salita al 200%, per cui mi rimisi all'opera fino a concluderla lasciando una bell'impronta Bukowskiana nel finale, giusto perché io non copio mai le persone — soprattutto se morte.
Deciso anche il titolo, mi sono concesso un'altra pausa-sigaretta. La cimice era ancora là, a camminare goffamente per l'impalcatura, senza nemmeno sognarsi di spiccare il volo verso l'interessante luce emanata dal lampadario del cesso, seppur la tentazione – scommetto – fosse stata forte.
Finisco la sigaretta, la spengo con l'acqua del cesso, avvolgo la cicca in un quadrato di carta igenica, l'imbevo e la butto giù nella tazza. Aveva fatto un bel plof. Chissà cosa ne pensano i miei del mio retto: se qualcuno tracciasse la frequenza dei miei ingressi al cesso nel tempo risulterei affetto da morbo di Crohn all'ultimo stadio.
Con una buona dose di idiozia e un gesto inconsulto, il lavoro di due giorni è andato perduto.. plof.
Sono andato nuovamente al cesso per l'ennesima sigaretta. La cimice era morta in piedi, immobile sul davanzale della finestra. Avrei dovuto accoglierla.

Mi vengono in mente i capitoli di "Le vostre zone erronee" riguardanti l'ira: «L'ira è uno stato d'animo autodistruttivo – diceva –, perché essa non servirà di certo e sanare la situazione che l'ha provocata. E con questo – proseguiva – non dico che gli sfoghi e i turpiloqui non si debbano fare». È fantastico come, mentre leggevo il capitolo, mi sentissi confortato: Dunque, pensavo, incazzarsi non serve a nulla perché distrugge il mio stato d'animo e non mi porta di certo indietro, però posso incazzarmi liberamente.
È stato interessante il riscontro all'atto pratico.
Non sapete cosa vi siete persi.

Nessun commento:

Posta un commento

Fossi in te, darei prima un occhio qui