20091027

Brainwork

mi sento la testa leggera
mi formicolano le dita, mentre
scrivo.
svarioni dolcissimi che
ancora non accompagnano
il sonno. mi vengono in mentre
gli impegni per domani: nessuna voglia di farli.

aveva proprio ragione buk
voglio solo stare a piedi scalzi a fumare.

e ciao a tutto e a tutti.

bell'e svaccato
niente pensieri in testa,
tutto regolare,
la testa vuota e svuotata.

libertà, sì.
fare il barbone, sdraiato, mentre fumi
a piedi scalzi.

20091024

Nessun rimpianto

Quella notte mi sembrava di vivere il libro che avevo appena finito di leggere – Misery di Stephen King –, vedevo Paul in me, alle prese con quel «buco nel foglio» nel quale guardavo dentro, vi entravo immerso nella mia fantasia
così fervida! — ma de che? stavo romanzando l'inizio di una pessima giornata lavorativa..
scrivevo, e scrivevo, e scrivevo.
Quasi non volevo fermarmi, ma dovevo: l'indomani sarei dovuto andare a lavoro. Mi misi a letto fantasticando sui riscontri che avrebbero suscitato quello scritto. Mi sentivo un leone: già m'immaginavo con gli allori alle orecchie e una bottiglia di porto in mano. Lo stile era OK, il lessico ricercato, critico e, a tratti, divertente a modo mio.
Il giorno dopo arrivai in ufficio ancora ebbro dalla notte precedente. Durante il tempo libero mi rileggevo, ma era chiaro che non sarei riuscito ad aggiungere altro, con quel baccano. Però lo facevo lo stesso, mi piace rileggermi: lo faccio spessissime volte. Aveva proprio ragione Paul, quando diceva che scrivere è un atto autoerotico. E leggere lo è altrettanto.
Alla sera ho aggiunto alcune altre perle, ancora più divertenti ed incazzate e qualcuna da secchione snob, una vera libidine.
Dopo un po', mi sono sono concesso una pausa e, come al solito, mi sono chiuso al cesso per fumare una sigaretta. Sull'impalcatura di fronte alla finestra, c'era una cimice ribaltata e morente, che muoveva le zampe come un gattino fa sulle mammelle della mamma. Ebbro della mia pienezza, contento insomma, la rigiro sulle zampe. Questa inizia a muovere le antenne quasi in segno di gratitudine. In realtà non ero certo fosse davvero gratitudine, quella, perché si muoveva un po' faticosamente..
Ad ogni modo, dopo quest'ultimo episodio, l'autostima in me era salita al 200%, per cui mi rimisi all'opera fino a concluderla lasciando una bell'impronta Bukowskiana nel finale, giusto perché io non copio mai le persone — soprattutto se morte.
Deciso anche il titolo, mi sono concesso un'altra pausa-sigaretta. La cimice era ancora là, a camminare goffamente per l'impalcatura, senza nemmeno sognarsi di spiccare il volo verso l'interessante luce emanata dal lampadario del cesso, seppur la tentazione – scommetto – fosse stata forte.
Finisco la sigaretta, la spengo con l'acqua del cesso, avvolgo la cicca in un quadrato di carta igenica, l'imbevo e la butto giù nella tazza. Aveva fatto un bel plof. Chissà cosa ne pensano i miei del mio retto: se qualcuno tracciasse la frequenza dei miei ingressi al cesso nel tempo risulterei affetto da morbo di Crohn all'ultimo stadio.
Con una buona dose di idiozia e un gesto inconsulto, il lavoro di due giorni è andato perduto.. plof.
Sono andato nuovamente al cesso per l'ennesima sigaretta. La cimice era morta in piedi, immobile sul davanzale della finestra. Avrei dovuto accoglierla.

Mi vengono in mente i capitoli di "Le vostre zone erronee" riguardanti l'ira: «L'ira è uno stato d'animo autodistruttivo – diceva –, perché essa non servirà di certo e sanare la situazione che l'ha provocata. E con questo – proseguiva – non dico che gli sfoghi e i turpiloqui non si debbano fare». È fantastico come, mentre leggevo il capitolo, mi sentissi confortato: Dunque, pensavo, incazzarsi non serve a nulla perché distrugge il mio stato d'animo e non mi porta di certo indietro, però posso incazzarmi liberamente.
È stato interessante il riscontro all'atto pratico.
Non sapete cosa vi siete persi.

20091012

Errata corrige, ovvero: "¡...devo aver preso un abbalio!"

Ribellione
dionis [ domenica, 11 ottobre 2009 alle 16:24 ]
Recensione su CH1P

Come è solito in un racconto fantascientifico, specialmente senza alcun riferimento al contesto in cui esso avviene (il che porta a pensare, quasi amaramente, ad un futuro prossimo), vi è una certa critica ai valori e alla potenza del tempo odierno: la gente abbagliata da nuove comodità, garanzie - il piacere del prodotto nuovo - che quasi inconsapevolmente si troverà manipolata dai potenti. Od ancora più in senso lato: la moltitudine di gente abituata omogeneamente a pensare in un certo modo (il nuovo chip che, secondo il protagonista, controllerà i pensieri).

Ma il protagonista è diverso. Pur essendo vittima del sistema, si riconosce in altri, apprende di essere in trappola. La sua consapevolezza sarà la sua arma; tant'è che al termine della sua disavventura vi è, da parte dell'autore, un segnale, uno spiraglio di luce: le potenzialità mai sopprimibili da terzi (macchine od esseri umani che siano): l'ostinatezza, l'amor di sé, l'autocontrollo (=il controllo di sé). Il tutto si traduce nel suo suicidio, pur di rinunciarvici.

L'amara fine del protagonista e la citazione dell'autore stesso, portano a far riflettere il lettore su se stesso e la società in cui vive. Ribellione, insomma. Non così estrema, se possibile.

Beh. L'esimio, caro, autore in realtà parlava di schizofrenia paranoide. Visto?, fermarsi alle apparenze, non conoscere, dare per scontato che tutto sia scontato porta a cozzare duro contro la realtà: si fa presto a dire che sia cambiato, ma chi nasce tondo non muore quadrato.
Minchia! ho fatto pure la rima.. Ne terrò conto, prossima volta che mi travestirò da saccente.

Ed ora l'errata corrige: conoscendo la chiave di lettura, ora è tutto più semplice... (premetto che non ci saranno successivi errata corrige, quindi se questa non è OK, amen, D.).
Il messaggio è l'esatto opposto e molto meno largo. Si ferma a lui, che al massimo può rappresentare una minoranza se proprio bisogna cercare\trovare il senso ampio del racconto, succube del vociferare - strumento, se non di maggiore, di egual potenza dei mass media - contro il potere forte che grava sulla maggioranza. Tutto qui..
No?
...

Ok, parla di un povero stronzo con la schizofrenia paranoide che prende e s'ammazza. Vuoi la citazione della Treccani, così termino subito la parafrasi?!
È in questi momenti mi sento come quando improvvisavo le parafrasi in classe, durante l'ora di lettere: non l'azzeccavo mai come la prof. l'aveva spiegata, ma cazzo! un senso ce l'ha. Non credo che le cose possano avere un solo, unico senso! Facciamo le guerre - artificio tutto umano - anche a causa di misunderstanding. Suvvia! concedetemela un po' di elasticità.

20091004

Uh?

"Per vivere bene non bisogna dirlo agli altri"
No, perché chi sta bene - e quindi vive bene - con se stesso non chiede l'approvazione dagli altri.

Quanto amaro in bocca. Quanti stereotipi. Quante puttanate subite alla stregua della generale approvazione; ché pur farla finita col discorso si sarebbe arrivati a dar ragione a Hitler e la sua difesa della razza. Che poi.. perché proprio la razza?, non poteva darsi alla difesa della buona musica, dei capolavori di Wagner (di cui era un fan sfegatato), Mozart, Marilyn Manson? o delle orate o le trote, se proprio vuol rimanere nell'ambito subacqueo?

Vedo tristezza a palate in ogni dove; poco di tutto: ipocrisia, ipocondria, ipoallergenicità, ipoacusia, ipofisi...

Mi sono anche dimenticato di che volevo parlare..

20091003

Esternazioni

Attacco d'arte.. tutto quello di cui ho bisogno. Tutto è iniziato soffrendo dello snobbismo presunto della gente . Solo alla fine si consta che questa, in effetti, ha un cervello pensante.
Mi piacciono queste auto-smentite, mi fanno sentire sempre meno solo. Ma certe volte ho paura che il mio interlocutore sia l'alcool, e non la persona che sinceramente espone le proprie idee; l'ho sempre detto che quello è il vero ed unico siero della verità. L'approccio dell'ubriaco è sempre l'ottimale.

Di che vogliamo parlare?, del sesso degli angeli? Ok, non parliamo di nulla. Della serata, infatti: insignificante. Come sempre con quella gente lì. Si ride, si scherza, si ripetono le stesse cose. Ci si annoia: io, per lo meno. È strabiliante come gli altri - i morti intendo - non si rendano conto della propria condizione di morti [per l'appunto, nda].
Eppure qualche passo è stato fatto, dati i risvolti del fantastico viaggio di ritorno da Wonderbucodicessodoltrepo. Il problema è ancora sull'alcool.
Io stesso me ne sono accorto, scrivendo, che i miei umori cambiano - ed insieme ad esse il mio modo di interagire o argomentare con altri - repentinamente. Il mio obiettivo è raggiungere nuovamente una fase stabile, in cui non mi lascio influenzare da nessuno. Tutti mi lasceranno cuocere nel mio brodo; in fondo in fondo, scrivo abbastanza da sopravvivere.

Ho ancora la testa su di lei, quando lei possibilmente chissà quante pompe ha sparato, quanti ingoi, quante scopate nei cessi. Ma tutto mi lascia indifferente. Una pompa vale quanto un'annusata al buco del culo di un cane vagabondo ad un altro.
Insomma, che valore ha la gelosia?, ch'è? a cosa serve? A farci del male. Per non averla bisogna evitarla. Per evitarla occorre non pensarci: sicché io non ci (le) penso. Ti estirpo da tutte le mie esternazioni.

Stronzate quando si dice che il tempo non serve a nulla.